New York, 23/04/2011
Sono a New York da ormai più di una settimana, e mi piacerebbe condividere le mie impressioni su questa città magnifica che rappresenta il centro del mondo. Quello che mi ha portato qui, oltre alla volontà di visitare una città tante volte vista nei film, è stato il Model United Nations. Forse in Italia non molti ne hanno sentito parlare, ma nel mondo è un progetto molto conosciuto e, in alcune università, ha lo stesso valore di un esame. Si tratta di una simulazione del funzionamento dell’Onu. Ogni studente rappresenta uno Stato (che
non deve essere quello di reale appartenenza) in seno alle commissioni Onu: puoi trovarti ad esempio, come nel mio caso, a rappresentare lo stato di Trinidad & Tobago nella commissione Unep (United Nations Environmental Programme – commissione ambiente), e a dover sostenere le politiche di quel paese. Per quel che mi riguarda sono partito con l’Associazione Diplomatici, che mi ha dato la possibilità di partecipare a questo interessantissimo progetto, il cui aspetto più straordinario, però, non è tanto la simulazione in sé, bensì l’incontro di culture che si viene a creare, dal momento che al Model United Nations sono rappresentate università da tutto il mondo. Le università italiane hanno dimostrato, ancora una volta, quanto sono indietro rispetto alle altre università del mondo, almeno per quel che riguarda il taglio “internazionalistico” che danno alla formazione dei propri studenti. Conscia di questo problema l’Associazione Diplomatici ha portato a New York circa 300 studenti, rappresentando la delegazione più numerosa del mondo, dal che si capisce la sete di internazionalità degli studenti italiani.
non deve essere quello di reale appartenenza) in seno alle commissioni Onu: puoi trovarti ad esempio, come nel mio caso, a rappresentare lo stato di Trinidad & Tobago nella commissione Unep (United Nations Environmental Programme – commissione ambiente), e a dover sostenere le politiche di quel paese. Per quel che mi riguarda sono partito con l’Associazione Diplomatici, che mi ha dato la possibilità di partecipare a questo interessantissimo progetto, il cui aspetto più straordinario, però, non è tanto la simulazione in sé, bensì l’incontro di culture che si viene a creare, dal momento che al Model United Nations sono rappresentate università da tutto il mondo. Le università italiane hanno dimostrato, ancora una volta, quanto sono indietro rispetto alle altre università del mondo, almeno per quel che riguarda il taglio “internazionalistico” che danno alla formazione dei propri studenti. Conscia di questo problema l’Associazione Diplomatici ha portato a New York circa 300 studenti, rappresentando la delegazione più numerosa del mondo, dal che si capisce la sete di internazionalità degli studenti italiani.
Ma non posso tacere le mie sensazioni nell’entrare in contatto con la città di New York. La cosa più affascinante è senza dubbio l’insieme di culture che puoi trovare. Ognuno ha la propria identità e non esiste una mentalità omogenea: non c’è alcun “buon-pensiero” dominante. Dal punto di vista architettonico, poi, resti senza fiato nel guardare l’imponenza dei grattacieli, davanti ai quali ti senti piccolo ed insignificante. Poi però pensi che in fin dei conti anche i grattacieli sono costruiti da uomini, e ti rendi conto che allora nulla è impossibile.
New York è così: nulla è impossibile! Se hai un’idea non ti dicono “le faremo sapere”, ma ti dicono “ok, proviamoci, magari funziona”… ed è questo quel che ha reso grande l’America. E allora io non posso che fare un paragone con la mia città, anche se non sono così folle da volerla mettere in competizione con New York. Ciò che posso dire, però, è che New York non ha né le bellezze naturali né le bellezze artistiche che abbiamo noi a Napoli. Tuttavia ha accolto negli anni uomini che, invece di stare immobili a piangersi addosso, hanno creato, hanno provato, hanno investito, e alla fine hanno plasmato una città che è diventata il centro del mondo. La differenza sta nella mentalità! Lavorare sulla nostra mentalità talvolta retrograda e immobilistica ci aiuterebbe a portare Napoli almeno a livello delle capitali europee. Il problema della classe dirigente attuale, se mi si concede una parentesi, sta in buona parte nel fatto che risulta composta da persone che non hanno avuto modo di viaggiare molto in gioventù, e che quindi si sono formate a seconda di quelle che sono le impostazioni mentali delle proprie comunità di appartenenza. Con un po’ di mentalità newyorkese Napoli riuscirebbe per una buona volta a vivere di quelle risorse che non sfrutta, e sulle quali potrebbe invece basare la propria economia. Per dirne una, il turismo. E pensare che Napoli e New York hanno la stessa latitudine…
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