venerdì 7 novembre 2014

"A Spasso con Dante" Dante a Milano, il Canto XVI del Purgatorio (il Li...



Manlio Marano - La Divina Commedia, Lectura Dantis

Dante non è solo patrimonio di Firenze, ma dell'Italia tutta. In realtà Dante è patrimonio del mondo intero. Cercheremo di portare un canto in ogni città di Italia e del mondo, dando priorità ai posti che hanno una qualche relazione con il Sommo Poeta.
Non sono un attore, non un professore, non un poeta. Sono semplicemente appassionato di Dante e della Divina Commedia. Siate indulgenti.

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giovedì 6 novembre 2014

"A Spasso con Dante" - Dante a Barcellona, il Canto VII del Purgatorio (...



Manlio Marano - La Divina Commedia, Lectura Dantis 

Dante non è solo patrimonio di Firenze, ma dell'Italia tutta. In realtà Dante è patrimonio del mondo intero. Cercheremo di portare un canto in ogni città di Italia e del mondo, dando priorità ai posti che hanno una qualche relazione con il Sommo Poeta.
Non sono un attore, non un professore, non un poeta. Sono semplicemente appassionato di Dante e della Divina Commedia. Siate indulgenti.


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lunedì 27 ottobre 2014

"A Spasso con Dante" - Dante a New York, il Canto XXVI dell'Inferno (il ...



Manlio Marano - La Divina Commedia, Lectura Dantis 

Dante non è solo patrimonio di Firenze, ma dell'Italia tutta. In realtà Dante è patrimonio del mondo intero. Cercheremo di portare un canto in ogni città di Italia e del mondo, dando priorità ai posti che hanno una qualche relazione con il Sommo Poeta.
Non sono un attore, non un professore, non un poeta. Sono semplicemente appassionato di Dante e della Divina Commedia. Siate indulgenti.

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domenica 26 ottobre 2014

"A Spasso con Dante" - Dante a Fiuggi, il Canto XIX dell'Inferno (Bonifa...



Manlio Marano - La Divina Commedia, Lectura Dantis 

Dante non è solo patrimonio di Firenze, ma dell'Italia tutta. In realtà Dante è patrimonio del mondo intero. Cercheremo di portare un canto in ogni città di Italia e del mondo, dando priorità ai posti che hanno una qualche relazione con il Sommo Poeta.
Non sono un attore, non un professore, non un poeta. Sono semplicemente appassionato di Dante e della Divina Commedia. Siate indulgenti.

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giovedì 23 ottobre 2014

"A Spasso con Dante" - Dante a New York, il Canto X dell'Inferno (Farina...



Manlio Marano - La Divina Commedia, Lectura Dantis

Dante non è solo patrimonio di Firenze, ma dell'Italia tutta. In realtà Dante è patrimonio del mondo intero. Cercheremo di portare un canto in ogni città di Italia e del mondo, dando priorità ai posti che hanno una qualche relazione con il Sommo Poeta.
Non sono un attore, non un professore, non un poeta. Sono semplicemente appassionato di Dante e della Divina Commedia. Siate indulgenti.

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mercoledì 15 ottobre 2014

"A Spasso con Dante" - Dante a Napoli, il Canto V dell'Inferno (Paolo e ...





Lectura Dantis a Napoli, piazza del Plebiscito.

In una visione simbolica il numero 5 rappresenta i 5 sensi, dunque la sensualità, pertanto si lega all’erotismo. Il V Canto dell’Inferno è infatti dedicato ai lussuriosi, i quali hanno rifiutato, in qualche modo, i precetti del cristianesimo. Il Canto in parola è forse il più famoso della Divina Commedia e racconta la storia di Paolo e Francesca (sulla quale, tra l’altro, D’Annunzio ha scritto un’intera tragedia). Francesca si innamora di suo cognato, Paolo Malatesta, in un momento storico-culturale in cui i matrimoni erano semplice compravendita. Un giorno, mentre leggevano la storia di Lancillotto e di Ginevra, nel momento in cui questi si baciavano, essi fecero lo stesso, bruciati com’erano dalla passione, consumando l’adulterio. D'altra parte non è possibile sfuggire all’amore che “al cor gentil ratto s'apprende” costringendo colui che è amato a ricambiare l’amore. Essi non possono quindi non cadere nella “trappola” dell'amore. Ma questa teoria dell’amore cortese contrasta con la visione del cristianesimo, la cui base è l’amore fedele. Dante prende in esame l’esempio di Paolo e Francesca, i quali si sono abbandonati alla passione allontanandosi dalla ragione. Però l’atteggiamento di Francesca è quello di chi non ha rimorsi, e molti sono i richiami che ella fa all’amore cortese. Non c'è nulla di imperfetto nel V Canto dell'Inferno, e la sublime bellezza dei versi che lo compongono dimostra che si trattava di certo di uno dei canti preferiti dal poeta fiorentino. In ogni caso, tuttavia, Francesca ha peccato, e il suo peccato consiste nella voluta negazione dell’ordine di Dio, basato sul vincolo del matrimonio. Dante ascolta Francesca, la quale sconquassa l’aria del cerchio in cui si trovano. La bufera rappresenta la forza della passione, che spezza i freni dell’intelletto. In questa immagine sono presenti figure impalpabili, come Paolo e Francesca, i quali si avvicinano a Dante con il desiderio di parlargli. La ragazza racconta la tenace passione per Paolo, al quale rimane ancora legata (“e il modo ancor m’offende”). Al termine del suo dialogo con Francesca, Dante sviene per la commozione, poiché una parte di lui vorrebbe assolvere Francesca. Egli sviene per la violenza della passione di Francesca, che, ad un certo punto, lo sovrasta. Ma l’amore non è un sentimento egoista che lega due amanti. L’amore è la volontà di migliorare se stessi per fare felice l’altro, dunque pone la persona che si ama al di sopra di se stessi. Per Dante, dunque, quello tra Paolo e Francesca non è amore: essi sono solo un pezzo di ferro e uno di calamita che si attraggono magneticamente. Il loro non è l’amore dei “cuori gentili”. L’idea di partenza che Dante ci propone dell’amore, è quella di un sentimento che potenzia le capacità positive dell’individuo, il quale cerca di migliorarsi per il bene dell’altro. Questo amore è caritas. Dante, infatti, innamorandosi di Beatrice, cerca di tendere alla perfezione. Ella è la purezza personificata, la dimensione eterea a cui bisogna pervenire. L’amore di Dante si nutre di conoscenza. L’amore di Dante si ispira a un modello di perfezione, per questo non è pensabile che esista. Curioso è l'atteggiamento di Paolo, la cui presenza, nell'incatenarsi delle rime, a stento si sente. Sembra quasi che abbia fatto tutto Francesca, e che Paolo sia la vittima di un gioco di tentazione al quale non ha potuto fare a meno di prestarsi. Ritorna il topos della "donna tentatrice", nel quale Dante, pur sempre uomo del suo tempo, non riesce a non cadere.


Non sono un attore, non un professore, non un poeta. Sono semplicemente un amatore di Dante e della Divina Commedia. Siate indulgenti.


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martedì 14 ottobre 2014

"A Spasso con Dante" - Dante a Firenze, Il Canto I dell'Inferno



"A spasso con Dante"

Cercheremo di portare un canto in ogni città di Italia e del mondo, dando priorità ai posti che hanno una qualche relazione con il Sommo Poeta.
Dante non è solo patrimonio di Firenze, ma dell'Italia tutta. In realtà Dante è patrimonio del mondo intero.
Non sono un attore, non un professore, non un poeta. Sono semplicemente un appassionato di Dante e della Divina Commedia. Siate indulgenti.

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martedì 15 luglio 2014

"A Spasso con Dante" - Il I Canto dell'Inferno al Piccolo Teatro dell'Aiuto




Lectura Dantis

Commento e lettura del Canto I dell'Inferno, eseguita al Piccolo Teatro dell'Aiuto di Napoli, con il patrocinio dell'Associazione Mani e Vulcani.


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domenica 22 giugno 2014

"A Spasso con Dante" - Il XXVI Canto dell'Inferno al Piccolo Teatro dell...



Lectura Dantis
Lettura del XXVI Canto dell'Inferno, il Canto di Ulisse.
Non sono un attore, non un poeta, non un esperto.
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domenica 25 maggio 2014

Ulisse...

giovedì 9 gennaio 2014

Divina Commedia - Dante a Napoli, il Canto V dell'Inferno



Lectura Dantis a Napoli, piazza del Plebiscito.

In una visione simbolica il numero 5 rappresenta i 5 sensi, dunque la sensualità, pertanto si lega all’erotismo. Il V Canto dell’Inferno è infatti dedicato ai lussuriosi, i quali hanno rifiutato, in qualche modo, i precetti del cristianesimo. Il Canto in parola è forse il più famoso della Divina Commedia e racconta la storia di Paolo e Francesca (sulla quale, tra l’altro, D’Annunzio ha scritto un’intera tragedia). Francesca si innamora di suo cognato, Paolo Malatesta, in un momento storico-culturale in cui i matrimoni erano semplice compravendita. Un giorno, mentre leggevano la storia di Lancillotto e di Ginevra, nel momento in cui questi si baciavano, essi fecero lo stesso, bruciati com’erano dalla passione, consumando l’adulterio. D'altra parte non è possibile sfuggire all’amore che “al cor gentil ratto s'apprende” costringendo colui che è amato a ricambiare l’amore. Essi non possono quindi non cadere nella “trappola” dell'amore. Ma questa teoria dell’amore cortese contrasta con la visione del cristianesimo, la cui base è l’amore fedele. Dante prende in esame l’esempio di Paolo e Francesca, i quali si sono abbandonati alla passione allontanandosi dalla ragione. Però l’atteggiamento di Francesca è quello di chi non ha rimorsi, e molti sono i richiami che ella fa all’amore cortese. Non c'è nulla di imperfetto nel V Canto dell'Inferno, e la sublime bellezza dei versi che lo compongono dimostra che si trattava di certo di uno dei canti preferiti dal poeta fiorentino. In ogni caso, tuttavia, Francesca ha peccato, e il suo peccato consiste nella voluta negazione dell’ordine di Dio, basato sul vincolo del matrimonio. Dante ascolta Francesca, la quale sconquassa l’aria del cerchio in cui si trovano. La bufera rappresenta la forza della passione, che spezza i freni dell’intelletto. In questa immagine sono presenti figure impalpabili, come Paolo e Francesca, i quali si avvicinano a Dante con il desiderio di parlargli. La ragazza racconta la tenace passione per Paolo, al quale rimane ancora legata (“e il modo ancor m’offende”). Al termine del suo dialogo con Francesca, Dante sviene per la commozione, poiché una parte di lui vorrebbe assolvere Francesca. Egli sviene per la violenza della passione di Francesca, che, ad un certo punto, lo sovrasta. Ma l’amore non è un sentimento egoista che lega due amanti. L’amore è la volontà di migliorare se stessi per fare felice l’altro, dunque pone la persona che si ama al di sopra di se stessi. Per Dante, dunque, quello tra Paolo e Francesca non è amore: essi sono solo un pezzo di ferro e uno di calamita che si attraggono magneticamente. Il loro non è l’amore dei “cuori gentili”. L’idea di partenza che Dante ci propone dell’amore, è quella di un sentimento che potenzia le capacità positive dell’individuo, il quale cerca di migliorarsi per il bene dell’altro. Questo amore è caritas. Dante, infatti, innamorandosi di Beatrice, cerca di tendere alla perfezione. Ella è la purezza personificata, la dimensione eterea a cui bisogna pervenire. L’amore di Dante si nutre di conoscenza. L’amore di Dante si ispira a un modello di perfezione, per questo non è pensabile che esista. Curioso è l'atteggiamento di Paolo, la cui presenza, nell'incatenarsi delle rime, a stento si sente. Sembra quasi che abbia fatto tutto Francesca, e che Paolo sia la vittima di un gioco di tentazione al quale non ha potuto fare a meno di prestarsi. Ritorna il topos della "donna tentatrice", nel quale Dante, pur sempre uomo del suo tempo, non riesce a non cadere.

Non sono un attore, non un professore, non un poeta. Sono semplicemente un amatore di Dante e della Divina Commedia. Siate indulgenti.

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domenica 5 gennaio 2014

"La poesia moderna: uno spazio vuoto virgolettato"

Nella società delle comunicazioni di massa nasce spontaneo, nell’animo dei Pensanti, il dubbio se la poesia possa ancora esistere. L’intellettuale di oggi trova infatti estrema difficoltà nell’esercitare il proprio ruolo, poiché tematiche troppo complesse risultano incomprensibili all’esercito dei mass media. La società odierna presenta di certo un livello culturale più alto rispetto al passato, tuttavia l’azione dei mass media ha creato un appiattimento generale delle menti che induce la massa ad identificare nella mediocrità la propria aspirazione massima. Ad essa si accompagna quello che Umberto Galimberti definisce un “ospite inquietante”, il nichilismo come giustificazione della realtà. D’altra parte Eugenio Montale nel suo discorso tenuto alla consegna del premio Nobel per la letteratura (Stoccolma, 1975), in cui si chiede se è ancora possibile la poesia, evidenziò con lucida disillusione che “sotto lo sfondo così cupo dell’attuale civiltà del benessere anche le arti tendono a confondersi, a smarrire la loro identità”.

In effetti la poesia ha sempre rappresentato una reazione alle esigenze della società e, poiché l’uomo è oggi in qualche modo privato della propria identità, la quale placidamente confluisce in un coacervo indistinto di menti prive del libero arbitrio, essa viene di conseguenza declassata ad arte priva di senso, utile solo in vista di un interesse economico. Siamo di fronte ad un parossismo che sta distruggendo la poesia, o meglio che la sta avvelenando, asservendola ai beceri interessi economici dell’Industria della Cultura. Come spiegano con sconcertante chiarezza Adorno e Horkheimer in “La Dialettica dell’Illuminismo”, “la società spettacolo non vuole cancellare la nobile funzione della poesia, perché sa che ne avrebbe un ritorno d’immagine negativo”, e che rinuncerebbe ad un ottimo strumento di sfruttamento economico. È in atto un processo di plasmazione dell’arte che servilmente si prostra davanti ai “Signori del lucro”, obbedendo al ruolo di veicolo di plagio mentale sui deboli intelletti della nostra società. Si avverte tuttavia, nella classe degli intellettuali, un senso di impotenza, derivante dalla consapevolezza della scarsa influenza che essa può ormai esercitare nei confronti della società. Mentre infatti un tempo la poesia, e comunque l’arte in generale, era veicolo di grandi idee, essa oggi non trova riscontro nella società, se non come sostegno alle immagini, o come fenomeno puramente estetico. La magnificazione dantesca degli alti valori come simboli del senso della vita non può dunque più esistere. D’altronde lo stordimento causato dalle droghe, dal benessere eccessivo, e in qualche modo da Internet, non può che tenere lontano l’uomo dalla poesia, ovvero dall’arte. Se le droghe a livello chimico ci dissociano dalla realtà, generando così casi di depressione cronica, se l’eccessivo benessere offre l’illusione di un’apparente felicità, se Internet propone come fonte più alta di dialogo l’uso di frasi sgrammaticate, e come lingua universale un codice meccanico e ripetitivo, non possiamo non sorprenderci di fronte al disinteresse della società nei confronti della poesia, e per estensione, dell’alta cultura in generale. Cionondimeno alla domanda se è ancora possibile la poesia nella società delle comunicazioni di massa la risposta è di certo affermativa. Tuttavia l’unica poesia che può avere successo è probabilmente quella asservita all’interesse economico, plasmata in base al principio del guadagno, il quale cela tuttavia qualcosa di estremamente inquietante: lo sfruttamento per lo sfruttamento. Viene alla mente il Mazzarò verghiano, l’eroe della logica dell’accumulo, il quale accumulava la “roba” per il semplice piacere di accumulare, in funzione di uno sfruttamento utilitaristico del prossimo che era però, in primo luogo, sfruttamento di se stesso. Viene dunque da chiedersi che speranza può esserci per la generazione del domani, quella degli attuali giovanissimi, che chinano il capo dinanzi al loro “massimo fattor”, ossia l’idolo di turno, spesso individuato in cantanti o show-men in generale, che rappresentano una visione del mondo spensierata e che, mediante l’ostentazione estrema del loro stato di tossicodipendenza, si fanno inevitabilmente testimonial della droga stessa.

La poesia, che da sempre, come sottolineava Torquato Tasso, “intesse fregi al vero”, è dunque oggi serva della comunicazione di massa, e comunicazione di massa stessa. Il paradigma poetico della nostra realtà, pertanto, non potrà che essere uno spazio vuoto virgolettato. È questa d’altronde la rappresentazione stessa della società moderna, vittima di un “vuoto ideologico” che trova sfogo nel nichilismo e nel qualunquismo oggi dilaganti.


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