lunedì 5 dicembre 2016

La Divina Commedia in 2 minuti - Inferno, Canto III



A cura di Manlio Marano

Dante e Virgilio sono ormai giunti davanti alla porta d’ingresso dell’Inferno. Un’iscrizione preannuncia le caratteristiche del luogo, regno dell’eterno dolore senza speranza. 
Dante non capisce il senso di tale iscrizione oscura, ed interroga il suo maestro, il quale lo invita ad abbandonare ogni indugio e, prendendolo per mano, gli sorride per riconfortarlo. Così, insieme, Dante e Virgilio varcano la porta dell’Inferno. 
Le prime anime che essi incontrano sono quelle degli Ignavi, coloro che in vita non presero mai posizione, non seguirono mai un ideale. Bisogna guardarli, perché esistono, ma subito dopo bisogna passare avanti e ignorarli. 
Nel Terzo Canto dell’Inferno incontriamo, per la prima volta, la legge del contrappasso. Le anime degli Ignavi, infatti, così come in vita non seguirono alcun ideale, sono costrette, adesso, a inseguire un’inutile insegna. Esse sono inoltre continuamente stimolate da vespe e da mosconi, e il loro sangue, misto alle lacrime, viene versato come cibo per vermi. Dante riconosce alcune di queste anime e tra esse pare esservi, almeno secondo l’interpretazione dominante, anche l’anima di Ce-le-stino V, che per viltà rinunciò al soglio pontificio.
Successivamente, Dante e Virgilio giungono al fiume Acheronte, e l’attenzione del poeta fiorentino viene attirata dal vero protagonista di questo canto: Caronte, traghettatore infernale. Questi, descritto con tratti severi e demoniaci, quando vede Dante, e capisce che è vivo, lo invita con durezza a farsi da parte poiché lì vi è spazio solo per le anime dei morti. Subito, però, Caronte si ammansisce quando Virgilio gli spiega che la presenza di Dante in quel posto è, in realtà, voluta da Dio stesso. Allora, Caronte fa salire a bordo le anime dei dannati battendo con il remo chiunque si stenda sul fondo della barca. 
Poi la terra inizia a tremare, Dante vede una luce e sviene, “come l’uom cui sonno piglia”.

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